Uscire dalla dipendenza affettiva e da una relazione conflittuale
Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, la bibbia della psichiatria e della psicologia, solo con l’ultima edizione (DSM-5) ha inserito tra i disturbi mentali, la dipendenza affettiva, inserendola nella categoria “Disturbi non correlati a sostanze”. In passato la dipendenza affettiva veniva spesso paragonata con il Disturbo Dipendente di Personalità, poiché condivide diversi aspetti sintomatici.
Ho spesso affrontato il complesso tema che rappresentano le dipendenze, scontrandomi in ambito clinico, con numerose persone, adolescenti o adulti, dipendenti da sostanze psicostimolanti/psicotrope, dipendenti da alcool o dal gioco d’azzardo.
Un fenomeno latente ma notevolmente diffuso è la dipendenza affettiva, caratterizzata dalla realizzazione di un rapporto simbiotico – disfunzionale nei confronti di una sola persona, tipicamente il partner. Nonostante ci siano descrizioni contrastanti e la definizione esatta non ha mai trovato un consenso unanime, nella letteratura scientifica, il dipendente affettivo ha un profilo psicologico e comportamentale tipicamente motivato da un’inconscia paura di essere abbandonato, dalla persistente paura della separazione, della solitudine, e conseguentemente è disposto a qualsiasi cosa, pur di non perdere l’oggetto della sua dipendenza, che come ho accennato, s’identifica con il partner affettivo.
Chi ha sviluppato una dipendenza affettiva generalmente non riconosce, nonostante l’evidente problematicità, di vivere un “amore non sano”, allontana o minimizzata tale ipotesi, reagendo con rabbia e disprezzo quando qualcuno gli comunica tale ipotesi. La relazione con il partner diventa necessaria, inderogabile e l’unico mezzo per far fronte alle mancanze psicologiche o affettive. Come in tutte le dipendenze, anche nella dipendenza affettiva, l’individuo necessità di continue “dosi”, e l’astinenza (quindi l’impossibilità di vedere il partner) causa una destabilizzazione significativa del suo equilibrio psicologico.
La persona che ha sviluppato una dipendenza affettiva si sente viva solo se l’altro è presente e necessita di un continuo contatto, portando paradossalmente all’allontanamento del partner, il quale si sente “soffocato”. Quando al contrario, la dipendenza affettiva coinvolge la diade, si autoalimenta, portando la coppia all’isolamento sociale con un forte compromissione nei rapporti amicali.
Sono generalmente le donne a sviluppare la dipendenza affettiva, donne caratterizzate da un’infanzia connotata da un rapporto di attaccamento (Bowlby) con le figure genitoriali disfunzionale, donne fragili, con ridotta autostima, con un’inadeguatezza nell’immagine di sé, che hanno bisogno di qualcuno che le gratifichi e che le ami incondizionatamente.
Se pur molti aspetti possono apparire al lettore elementi normali di una relazione d’amore, nella dipendenza affettiva, il bisogno dell’altro, la paura di perderlo, il bisogno di persistenti manifestazioni d’amore, sono eccessivi, pervasivi e disfunzionali per l’individualità delle persone che costituiscono la coppia. In un amore sano, la vicinanza affettiva, il bisogno dell’altro, sono reciproci, e rappresentano una risorsa in più, che si aggiunge alle risorse che la coppia presa individualmente, possiede. Nella dipendenza affettiva invece l’altro diventa l’unica risorsa, senza la quale il dipendente si sente vuoto, con un radicato sconforto emotivo.
A causa di una fobica e ossessiva paura di perdere l’altro, la persona dipendente, accetta, giustifica eventuali maltrattamenti, tradimenti e umiliazioni, perché non riesce a immaginare il presente e il futuro, senza quella persona. Il cambiamento rappresenta quindi un ostacolo insormontabile, impossibile da affrontare.
La dipendenza affettiva si può riassumere nelle parole del poeta Ovidio: “Non posso stare nè con tè, nè senza di tè“. “Non posso stare con tè” per il dolore che si prova in seguito alle umiliazioni, maltrattamenti, tradimenti e quant’altro si subisce. “Non posso stare senza di tè” perchè è indicibile la paura e l’angoscia che si prova al solo pensiero di perdere la persona amata.
La dinamica della dipendenza affettiva racchiude in se una forte ambivalenza non solo nell’individuo dipendente, ma coinvolge allo stesso tempo l’intera coppia. In parole semplici, il dipendente cerca di raggiungere il partner fuggente, alimentando la sua dipendenza e alimentando, paradossalmente anche la lontananza del partner. In questo caso, (ma non è sempre cosi chiaramente) la dipendenza nasce proprio dal rifiuto, che diventa un altro elemento fondamentale per la genesi della dipendenza.
La dipendenza affettiva non va confusa con un particolare attaccamento o innamoramento non corrisposto, o con altre tipologie di relazioni, poiché la dipendenza affettiva è un problema grave, spesso in comorbilità con altre dipendenze (abuso di sostanze, psicofarmaci, alcolismo) o disturbi mentali (depressione maggiore, distimia, disturbi della nutrizione e dell’alimentazione).
Questa forma di dipendenza è connotata da una relazione simbiotica disfunzionale, dove la mancanza di alcune caratteristiche vengono compensate dalla presenza di caratteristiche opposte presenti nel partner (o viceversa).
Come uscire dalla dipendenza affettiva o da una relazione disfunzionale
Ho descritto solo alcune caratteristiche della dipendenza affettiva, cercando in qualche modo di dare degli spunti di riflessione per un eventuale trattamento. “Spezzare le catene” delle dipendenze non è mai facile, ma fortunatamente ho visto rinascere persone che vivevano sull’orlo della morte a causa della droga, ho seguito persone che sembravano finite, ma profondamente avevano ancora un pizzico di resilienza, che le ha salvate. Anche dalla dipendenza affettiva si può uscire, iniziando a riconoscerla.
Generalmente chi mi chiama per una consulenza psicologica o per un percorso di riabilitazione mi esprime problematiche di altro tipo (disturbi d’ansia, calo dell’umore, sintomi somatici, ecc.) e solo in seguito, comprendiamo insieme al paziente, che ciò che il corpo esprime, ad esempio attraverso il sintomo corporeo, è il risultato di una relazione disfunzionale, abnorme, invalidante. È importante quindi, ripropongo, svolgere un lavoro introspettivo sulla qualità della relazione affettiva, sui comportamenti e sulle dinamiche presenti all’interno, iniziando a riconoscere (e non negare) l’evidente problematicità. La dipendenza affettiva si supera principalmente lavorando su se stessi, motivando e potenziando aspetti che costituiscono la personalità, come l’immagine di sé, l’autostima, l’autonomia e fornendo training specifici, che consentono di acquisire o rafforzare le Life Skill (abilità per la vita).
L’intervento è chiaramente orientato sulla persona, ma coinvolge direttamente o indirettamente la coppia. Destrutturando pensieri disfunzionali (esempio: senza di lui non valgo nulla), potenziando aspetti individuali (autodeterminazione, auto efficienza, fiducia in se stessi, ecc.), definendo i confini relazionali (dove inizio io, dove finisce l’altro), si blocca il reiterarsi di relazioni “malate” e si riprende in mano la propria esistenza.
L’intervento psicologico consente in breve tempo di iniziare a “rompere” le catene della dipendenza affettiva, non necessariamente per cambiare partner ma per cambiare le dinamiche abnormi e vivere la relazione in modo gratificante ed equilibrato.
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